18 – MINISTERO DELL’AMBIENTE

CAPITOLO XVIII

MINISTERO dell’AMBIENTE e dell’ENERGIA

Il Ministero dell’Ambiente ha funzioni in materia di ambiente, ecosistema, tutela del patrimonio marino, atmosferico, nonché sulla valutazione di impatto ambientale (VIA), valutazione ambientale strategica (VAS) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC). Ha competenze in materia di tutela del suolo dalla desertificazione nonché del patrimonio idrogeologico.

Il problema dell’ambiente si è imposto prepotentemente all’attenzione negli ultimi 50 anni ed ormai in tutti i paesi esistono istituzioni preposte ad affrontare le problematiche del settore, che sono davvero numerose. Noi, come al solito, ci limiteremo solo a quelle primarie.

 

La ricerca. Il Ministero dell’ambiente non deve occuparsi solo di tutela dell’ambiente, combattendo ogni forma di inquinamento, ma deve promuovere e finanziare tutte le ricerche che possono concorrere a migliorare la qualità delle acque, dell’aria o lo smaltimento dei rifiuti. Si tratta, infatti, di un settore particolare in cui non sempre ai privati conviene investire grandi somme. Si pensi, ad esempio, alla ricerca di nuovi sistemi per smaltire alcuni particolari rifiuti solidi, come componenti elettronici. Non sempre il settore è abbastanza ampio da consentire dei profitti, perciò a volte deve essere lo Stato a studiarne lo smaltimento.

Esistono quattro tipi principali di inquinamento: inquinamento delle acque interne (fiumi, laghi ecc.), inquinamento del mare, inquinamento atmosferico e inquinamento da rifiuti solidi.

Le problematiche inerenti questo settore sono quasi tutte: problematiche dipendenti dalle cause. La loro soluzione, almeno teoricamente, è piuttosto semplice: basta individuare le cause dell’inquinamento e per ognuna studiare un rimedio. Se, ad esempio, un fiume è inquinato dagli scarichi di una fabbrica di laterizi, occorre imporre l’uso di un depuratore, in modo che si riversi nel fiume soltanto acque depurate. Vediamo i singoli casi.

 

L’INQUINAMENTO delle ACQUE

Le principali fonti di inquinamento da rifiuti liquidi nelle acque interne o nel mare sono:

Gli scarichi fognari. In Norvegia ci ricavano energia, esattamente metano che poi convertono in energia elettrica, non pretendiamo tanto, ma almeno bisogna depurare le acque dalle principali sostanze nocive. In questi casi bisogna:

1 – Limitare il più possibile l’uso di saponi e di detersivi. Ci sono massaie che ne usano in abbondanza, tanto costano poco. Tassandoli si potrebbe ridurne il consumo.

2 – Promuovere l’uso di prodotti biodegradabili. Costituire delle scale come per gli elettrodomestici, doppia AA a quelli che inquinano meno, fino ad arrivare alla classe C, in modo da sensibilizzare i cittadini.

3 – Proibire i prodotti tossici o altamente inquinanti (o imponendo delle forti tasse), come “l’idraulico liquido”. Prima per sturare una tubatura si usava un filo di ferro o un lungo tubo di plastica dura, oggi vi si butta questo liquido altamente corrosivo, inquinando migliaia di metri cubi di acqua e il terreno.

 

Inquinamento batterico. Le acque specialmente quelle fognarie urbane spesso sono ricche di batteri, come colibatteri. A questo tipo di inquinamento è facile rispondere con la depurazione, anche se in alcuni casi è meglio intervenire alla fonte per evitare che siano immessi certi tipi di batteri nelle fogne. Gli ospedali, ad esempio, devono bruciare tutti i loro rifiuti organici.

 

Scarichi industriali. Qui è difficile fare dei discorsi generali in quanto ogni tipo di industria produce particolari rifiuti liquidi. Per spingere l’industria a dotarsi di depuratori bisogna prevedere contributi statali, prestiti agevolati ecc., in questi casi però è strettamente necessario effettuare dei controlli improvvisi, ogni certo periodo di tempo. Come pure bisogna verificare che i soldi pubblici siano serviti effettivamente per acquistare i depuratori.

L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO

Le principali fonti di inquinamento dell’aria sono:

    Le automobili. In questo settore si sono fatti negli ultimi anni progressi enormi, oggi le automobili inquinano meno della metà di 20 anni fa. Bisogna fare ancora di più ricercando nuove benzine, ma soprattutto nuovi sistemi per ridurre l’emissione di CO2 e di polveri sottili.

L’ideale sono le auto elettriche e quelle ad idrogeno, perciò bisogna accelerare le ricerche e introdurre tutte le misure affinché la gente sia incentivata a comprarle.

 

Gli impianti di riscaldamento. Anche qui bisogna fare dei passi avanti, studiare nuovi bruciatori e nuovi tipi di impianti che inquinino meno e proibire quelli altamente inquinanti come le vecchie caldaie a gasolio. Inoltre, bisogna puntare molto sui pannelli solari per uso domestico e le energie alternative, come l’eolico.

 

Gli impianti industriali. Le industrie non di rado scaricano nell’aria fumi tossici, pieni di materiali pesanti, bisogna, come nei casi precedenti, prevedere dei depuratori efficienti. È necessario che sia lo stato a farsi in parte carico dei costi, ad esempio con prestiti agevolati, ma bisogna anche prendere tutte le precauzioni, come frequenti controlli, affinché gli imprenditori non si prendano i soldi e continuano ad inquinare tranquillamente.

 

Gli impianti di smaltimento rifiuti solidi urbani. Gli inceneritori sono un’altra delle fonti più comuni di inquinamento dell’aria, soprattutto scaricano diossina nell’aria. Lo vedremo nel paragrafo successivo.

 

L’INQUINAMENTO da RIFIUTI SOLIDI

Sono uno dei più grossi problemi delle società moderne. La società dell’usa e getta in Italia è andata in crisi, quando nel 2007 le immagini delle montagne di spazzatura delle strade di Napoli che arrivavano ai primi piani dei palazzi, hanno fatto il giro del mondo. Ci è resi coscienti che il problema dello smaltimento dei rifiuti solidi è uno dei più urgenti del nostro tempo e che bisogna intraprendere la strada del riciclo e del corretto smaltimento.

L’aumento di tutte le materie prime, poi nel 2008 ci ha fatto ricordare che metalli come l’ottone, il rame e altri sono rari e che quindi dobbiamo ricominciare a recuperarli se non vogliamo andare verso il loro esaurimento. In altre parole non è più possibile continuare ad estrarre per sempre dalle viscere della terra materie prime, parte di queste devono essere recuperate dagli scarti. Le strade percorribili sono diverse e spesso non alternative, nel senso che si possono percorrere contemporaneamente. Ma andiamo con ordine.

Esistono due principali tipi di rifiuti, quelli urbani, ossia la comune spazzatura, e i rifiuti industriali. Dei secondi diremo soltanto poche parole perché ogni tipo di industria produce certi scarti della lavorazione e, quindi, bisogna studiare, caso per caso, il modo per riciclarli o almeno per renderli innocui per l’ambiente. I rifiuti ospedalieri, poi, vanno inceneriti o trattati in modo particolare.

I SISTEMI di SMALTIMENTO. Con la raccolta differenziata e un studio accurato per riciclare i materiali recuperabili, si possono evitare i due sistemi di smaltimento oggi più dannosi che sono:

Le discariche. Sono il sistema più inquinante anche perché si accatastano sul terreno materiali senza nessuna selezione. Inoltre producano gas come il metano perché i rifiuti organici fermentano, inquinano le falde acquifere e spesso si rovinano per sempre terreni molto fertili. Bisognerebbe avere almeno il buon senso di situarle su terreni rocciosi o inadatti all’agricoltura o in aree dove piove poco.

 

    Gli inceneritori. Con l’incenerimento i rifiuti non vengono distrutti, ma soltanto costosamente e nocivamente trasformati, immettendo nell’atmosfera calore, diossine, polveri sottili e particolato ultrasottile. Quest’ultimo è composto da particelle talmente sottili da non trovare nessun ostacolo dalle mucose quindi penetra nei polmoni nel sangue direttamente dalla respirazione e nel cervello attraverso le vie olfattive.

Un altro grosso problema sono i filtri degli impianti che sono molto costosi, bisogna cambiarli spesso e non si sa come smaltirli. La cosa importante è che gli inceneritori o i più moderni termovalorizzatori non devono essere finanziati con i soldi pubblici, in quanto per poter essere economici devono incenerire un certo numero di tonnellate all’anno e allora quando non li raggiungono, buttano tutto dentro e allora addio raccolta differenziata. In Germania, ad es., i termovalorizzatori sono privati e i comuni pagano € 120 per tonnellata di rifiuti inceneriti e non hanno nessun contributo dallo Stato. In questo modo gli amministratori locali cercano di aumentare la quota raccolta con la differenziata e poi riciclata.

Infine, la gestione dei termovalorizzatori è costosa, al contrario di quanto si vuol far credere sono un vero e proprio disastro economico per le amministrazioni pubbliche in quanto necessitano di molta più energia di quanto ne producono. Non devono e non possono essere considerati come si fa oggi in certi paesi, fonte rinnovabile, i cui costi ricadono sulla bolletta, in quanto inquinano e producono energia elettrica sporca.

I modi corretti per affrontare il problema sono:

Produrre meno spazzatura. È un problema che in molti paesi non si affronta con la dovuta serietà. Si pensa a buttare tutto negli inceneritori, senza considerare i danni all’ambiente. Il problema non sono solo le buste di plastica (in Italia per fortuna sostituite con quelle biodegradabili nel 2011), ma bisogna studiare tutti i modi per ridurre gli imballaggi, le confezioni e o costringere i produttori a riprenderseli. In altre parole, nel momento stesso che consegnano un nuovo televisore o un nuovo frigo, devono riportarsi indietro la scatola e gli imballaggi di polistirolo in modo che le industrie li riutilizzano per altri prodotti.

Ci sono, poi, prodotti come volantini, depliant pubblicitari (come quelli dei supermercati), propaganda postale ecc., che non solo non se ne scoraggia l’uso, ma si permette di scaricarli dalle tasse, in effetti almeno in parte sono pagati da noi. Come pure gli enti locali producono montagne di carta stampata, opuscoli, depliant, fotocopie, inviti a congressi e festival, che spesso restano inutilizzarti, si potrebbe invitarli a un uso moderato. Per non parlare dei contributi carta per i giornali, che a volte arrivano ad avere 300 pagine, tanto paga il contribuente. In parole povere bisogna studiare tutti i modi per produrre meno spazzatura.

 

Usare contenitori riutilizzabili. Sono cominciati a diventare comuni i detersivi alla spina che riducono enormemente il problema dei contenitori di plastica, ma crediamo che debba farsi lo stesso discorso per qualsiasi liquido dall’acqua al latte. A tale scopo bisognerebbe introdurre una tassa di smaltimento. Per ogni cosa occorre prevedere due percorsi: quello virtuoso, cioè il consumatore segue il modo più ecologico, perciò non paga niente. Ed il percorso inquinante, in questo caso il consumatore paga per il danno prodotto all’ambiente.

I prodotti usa e getta rientrano in questa categoria. Ad esempio, l’acqua minerale in bottiglia di vetro riutilizzabile più volte non paga niente, invece quelle bottiglie di plastica pagherebbe 3 centesimi per ogni convenzione e così via. Anche le automobili potrebbero essere costruite con materiali plastici riutilizzati. Occorre studiare, settore per settore, tutte le cose che si può fare per sostituire i materiali nocivi.

 

La raccolta differenziata. È il metodo migliore, però selezionare i materiali di scarto significa predisporre dei cicli per poterli riutilizzare o almeno smaltirli in modo corretto.

Ecco come bisogna dividere i rifiuti:

1) – Organico; vanno negli impianti di compostaggio. Oggi si sono approntati diversi sistemi per smistarli. In alcuni paesi ci ricavano addirittura metano.

2) – Carta e cartone. Possono essere in gran parte riciclati, gli scarti possono essere bruciati.

3) – Tessuti ed indumenti. Anche questi possono essere in buona parte riciclati, gli scarti possono essere bruciati.

4) – Materiali plastici. Sono piuttosto tossici perché se bruciati producono diossina, mentre nelle discariche occorrono moltissimi anni per biodegradarsi, però in maggior parte sono riutilizzabili. È consigliabile scoraggiare l’utilizzo di voluminosi imballaggi con delle tasse.

5) – Metalli e vetro. Sono ambedue riciclabili quasi al 100%, occorre solo predisporre il percorso per poterlo fare.

6) – Le ceramiche. Non è possibile riciclarle, tuttavia ridotte in piccoli pezzi o frantumate non inquinano. La miglior cosa è utilizzarle come prodotto di riempimento nei lavori pubblici, ad esempio per costruire la carreggiata sopraelevata di un’autostrada.

7) – Materiali altamente inquinati, come le batterie delle auto o le pile degli apparecchi elettrici. In questi casi bisogna predisporre il cammino inverso cioè dal consumatore devono tornare al produttore, che deve smaltirli nel modo giusto. Pena la revoca della licenza commerciale.

 

Se si fa la raccolta differenziata in modo corretto e ci si impegna a riciclare al massimo tutti i materiali, la percentuale di rifiuti da portare negli inceneritori è minima. In una regione grande quando la Campania può bastare anche un solo impianto.

 

Trattamento meccanico biologico (tmb). È l’unico accettabile dal punto di vista ambientale perché non si brucia niente. Non andiamo oltre perché è un settore in forte evoluzione ed ogni giorno si sperimentano nuove soluzioni. Non è difficile che per quanto sarà uscita questa opera saranno inventati nuovi tipi di smaltimento. Il politico attento deve documentarsi e poi andare a verificare di persona la validità del metodo che intende scegliere, non dimenticando che all’inizio tutti i sistemi sembrano buoni. È solo con gli anni che emergono poi i difetti.

 

I PARCHI NAZIONALI

Il Ministero dell’ambiente si interessa anche dell’istituzione di nuovi parchi nazionale, dove la natura è protetta, e della tutela di quelli esistenti. Nei parchi nazionali si trova la maggior parte degli habitat importanti per la vita delle 56mila specie di animali presenti in Italia, il Paese europeo con la maggiore varietà di specie viventi. Il 98% sono insetti e altri invertebrati; i mammiferi sono rappresentati da ben 118 specie diverse. Tra le piante, le foreste più significative dei parchi nazionali sono faggeti e querceti, che danno un valido contributo alla lotta contro l’effetto serra.

 

I parchi nazionali frenano il consumo di suolo: se in Italia il 17% dei boschi ha ceduto il passo a superfici artificiali, l’attenzione degli enti parco ha permesso di ridurre al 4,5% l’urbanizzazione in queste aree protette.

Inoltre questo ministero si interesse di garantire una reale integrazione tra gli obiettivi di sviluppo del Paese e la tutela del suo inestimabile patrimonio di biodiversità anche attraverso l’attuazione di convenzioni, accordi e protocolli internazionali.

Il verde pubblico nel nostro modello è di competenza degli enti locali e la riforestazione compito delle contee.

——————————————————————————————————————–

 

LA POLITICA ENERGETICA

 

Un paese moderno, sviluppato e tecnologicamente avanzato, ha bisogno soprattutto di energia. Non solo le industrie, ma anche le nostre case sono pieni di utensili che funzionano con un’energia elettrica, per non parlare dell’esigenza di rendere meno buie le notti, con case e strade illuminate a giorno. Per questo mantenere basso il costo dell’energia è fondamentale per l’economia di una nazione.

Un sistema di produzione e di distribuzione di energia elettrica è costituito da sei elementi principali:

1) Le centrali di produzione; 2) I gruppi di trasformazione, che portano l’energia generata al valore di alta tensione più vantaggioso per le linee di trasmissione; 3) Le linee di trasmissione; 4) Le sottostazioni di trasformazione che riducono la tensione per le linee locali; 5) Le linee locali di distribuzione; 6) Le cabine di trasformazione che riducono ulteriormente la tensione fino al valore di impiego delle utenze.

 

La produzione. È un settore facile da privatizzare in quanto è possibile stabilire delle condizioni di mercato. In effetti, ogni “azienda” può produrre energia e poi venderla a una società di distribuzione. La scelta dei sistemi di produzione è, invece, una problematica di tipo tecnologico in quanto bisogna valutare caso per caso, vantaggi e svantaggi, tenendo presenti soprattutto eventuali danni all’ambiente.

 

La distribuzione. È difficile stabilire delle condizioni di mercato, cioè mettere in concorrenza vari soggetti, in quanto non si possono costruire diversi elettrodotti, non solo per i costi, ma perché producono campi elettromagnetici, dannosi per la salute. Trattandosi, quindi, di una public utility, ne parleremo in quella sede.

LA PRODUZIONE (le fonti di energia). Le principali fonti di energia non solo sono molte, ma il settore è in continuo fermento. Ogni anno, infatti, vengono fatte nuove scoperte o si introducono nuovi metodi di produzione. L’esperienza, comunque, ci ha insegnato che non è pensabile ricorrere a un’unica fonte di energia, ma che accanto alle fonti rinnovabili, come il solare e l’eolico, bisogna prevedere centrali idroelettriche, centrali geotermiche, le centrali termiche ecc.. Incominciamo dai metodi classici di produrre energia, essi sono:

 

Le centrali idroelettriche. Sono uno dei metodi più sicuri e meno inquinanti, purtroppo siamo vicini ai livelli massimi di produzione. Ormai i più importanti bacini di fiumi sono stati sfruttati e molte regioni rifiutano di far costruire dighe nella loro area.

Non è da trascurare, infatti, il fatto che creando degli enormi bacini d’acqua artificiali a volte si creano degli scompensi all’ambiente, oltre al fatto che decine di migliaia di persone devono essere trasferite in zone più alte. Se si tiene presente ciò che è successo in Cina con “la diga delle tre gole”, la cui costruzione ha provocato un piccolo terremoto locale per il cedimento del terreno sotto il peso dell’enorme invaso, si può capire i problemi in cui si possono andare incontro in questi casi.

 

    Le centrali termiche. Il carbone è altamente inquinante. Attualmente, almeno nel nostro paese, la maggior parte dell’energia elettrica è generata con turbine a vapore alimentate a carbone, olio combustibile o gas naturale. Sono quelle da sostituire perché l’energia prodotta è costosa ed inquinante. Non solo, ma sono una soluzione molto costosa dato il costante aumento del prezzo del petrolio.

 

    Le centrali geotermiche. È uno dei metodi migliori per produrre energia pulita, da noi tutto il centro Italia, in particolare Toscana, Lazio e Campania, sono adatte per la costruzione di queste centrali, in quanto la crosta terrestre è particolarmente sottile ed esistono molte zone vulcaniche. C’è anche l’altro indubbio vantaggio che è uno dei settori in cui siamo all’avanguardia nella tecnologia (l’ENEL nel 2009 ha installato una centrale geotermica persino negli Stati Uniti).

 

    Le centrali nucleari. Quelle di seconda e terza generazione, cioè quelle che usano come combustile l’uranio, presentano difetti inaccettabili: sono pericolose (l’incidente di Fukushima in Giappone nel 2011 ha aperto agli occhi a tutti), inquinanti (basta vedere che cosa è successo in Nigeria nelle zone minerarie dove l’uranio veniva estratto), molto costose per i complicati sistemi di sicurezza di cui necessitano e, per ultimo, dato che l’uranio è abbastanza raro, è destinato ad esaurirsi nel giro di 30 anni, massimo 50. Quindi c’è da aspettarsi che in futuro il prezzo di questo pericoloso combustibile lieviti notevolmente.

La grande speranza sono le centrali nucleari di quarta generazione che utilizzano combustibili diversi dall’uranio, tra i quali il torio, ma per adesso esistono solo a livello sperimentale.

Le centrali al torio hanno sette vantaggi rispetto a quelli all’uranio: 1) Gli incidenti sono impossibili in quanto il processo, nel caso del torio, deve essere continuamente stimolato inviando neutroni sul materiale. È impossibile quindi che sfuggono al controllo e che esplodano. 2) Sono meno costose perché non hanno bisogno di sofisticati impianti di sicurezza. 3) Il torio è tre volte più abbondante dell’uranio. Si trova soprattutto in Australia, Stati Uniti, Turchia e India. 4) A parità di peso con il torio si ottiene 250 volte più energia che con l’uranio. 5) La combustione del torio produce scorie radioattive in quantità molto inferiori rispetti all’uranio e con un tempo di decadimento molto più breve: 500 anni invece di centinaia di migliaia di anni dell’uranio. 6) Tra le scorie non c’è il plutonio, un materiale che può essere usato per costruire bombe. 7) In un reattore al torio, si possono bruciare anche le scorie radioattive generate dall’uranio.

 

Le centrali a fusione. Sono la grande speranza del futuro. È una forma di energia nucleare che elimina del tutto i rischi di una catastrofe e promette di produrre energia a basso costo, pulita, sicura e inesauribile. Un reattore sperimentale di questo tipo è in costruzione in Francia da 2006, ma non sarà acceso prima del 2016. La fusione nucleare, comunque, per uso commerciale, secondo gli esperti non sarà disponibile prima del 2040.

 

LE FONTI RINNOVABILI

Le principali sono il fotovoltaico e l’eolico, sono da incrementare ogni anno, ma non bisogna assolutamente illudersi che da sole possono soddisfare l’intera domanda di energia di un grande paese industrializzato.

    Il fotovoltaico. Il problema maggiore sono i costi, per fortuna per adesso decrescenti. La Germania negli ultimi 10 anni ha creato un milione di posti di lavoro con il fotovoltaico, in Italia qualcosa si sta muovendo negli ultimi tempi, ma molto lentamente. Bisogna rimuovere tutti gli ostacoli burocratici e gli impedimenti che ostacolano queste nuove fonti di energia.

 

    L’eolico. A volte sono avversate dagli ambientalisti perché deturpano il passaggio e producono le forti rumori. Il problema è risolvibile mettendo quest’impianti in zone disabitate, non turistiche, sopra i monti.

 

In questo settore è meglio lasciare l’iniziativa ai privati. Chiunque vuole costruire una centrale fotovoltaica o un parco eolico, presenta il suo progetto alla società di distribuzione (nel caso dell’Italia l’Enel) specificando tutto potenza erogata, ubicazione ecc.. Se la società necessita di questa energia dà il suo beneplacito stabilendo il prezzo, data di ultimazione dei lavori ecc.. Una volta, però, che ha avuto l’autorizzazione non può più rifiutare e deve predisporre le cose in modo da utilizzare al più presto l’energia prodotta.

 

Il risparmio. È una grande risorsa energetica che molti paesi continuano a sottovalutare. Riducendo gli sprechi di energia, soprattutto nel settore pubblico (ad esempio, università con le luci accese fino a mezzanotte, uffici pubblici in cui non viene spenta l’aria condizionata neanche di notte, strade disabitate, illuminate a giorno ecc.) sarebbe come avere una nuova fonte di energia. Ad es. se i commercianti non potessero scaricare del tutto i costi dell’energia, si realizzerebbero dei risparmi enormi, in quanto tutti, dai supermercati ai piccoli esercenti, starebbero molto più attenti ai consumi, soprattutto a non tenere l’aria condizionata d’estate al massimo o a lasciare le luci accese di notte.

 

Le biomasse. Produzione di energia elettrica bruciando legno e altro materiale facilmente reperibile in natura. Forse costerà un po’ in più, ma saranno soldi che faranno girare l’economia interna. È vero si emette anidride carbonica ma comunque si tratta di materiale già esistente e che quindi decomponendosi, in ogni caso avrebbe prodotto lo stesso effetto.

 

LE NUOVE FONTI. È uno dei settori più in rapida evoluzione. Quasi ogni giorno, come abbiamo detto, vengono sperimentati nuovi modi per produrre energia elettrica. È di questi giorni la scoperta di un giapponese che dagli impianti di compostaggio è riuscita a produrre metano, che ha poi trasformato in energia elettrica. Qui ci limitiamo ad riportate solo alcune delle soluzioni già sperimentate.

 

Motori a combustione interna. In particolare danno molte speranze i generatori ricavati da motori di automobili. Negli anni ’80 la Fiat costruì il Totem, ma non ebbe fortuna, perché usava un motore uscito quasi subito di produzione. Oggi la Ormad di Torino realizza il tandem (thermal and electrical machine) un generatore da 20 kwp che può riscaldare quattro abitazioni normali ed otto ad alta efficienza energetica. È un campo che andrebbe sviluppato perché il risparmio è enorme e a parità di chilowatt prodotti, questi generatori inquinano meno.

 

    Energia dai rifiuti. All’università di Cagliari hanno studiato un sistema per produrre idrogeno dai rifiuti. In Svezia ricavano metano dagli scarichi fognari. Già si produce metano dal letame prodotto dai bovini, occorre promuovere la sperimentazione e l’adozione di nuove tecnologie.

 

Energia dal mare. In molti paesi si sono studiati meccanismi per sfruttare il moto ondoso o anche le maree. Gli studi sono abbastanza promettenti.

 

Centrali solari orbitali. Tra i vari progetti, il più tecnologicamente avanzato è quello di mettere in orbita una serie di moduli fotovoltaici a film sottile e di trasmettere, in forma di microonde, le energie catturate su un bersaglio a terra. L’energia solare disponibile fuori dell’atmosfera cinque volte superiore a quella sulla superficie terrestre è soprattutto il sole c’è 24 al giorno e sette giorni su sette. Gli esperti pensano i primi impianti potranno essere realizzati in 10 anni.

 

Per fortuna la creatività umana non si ferma qui. Sempre nuovi progetti e nuove idee vengono messe in cantiere per risolvere il grave problema delle fonti energetiche. Uno degli ultimi è portato avanti proprio da italiani: realizzare la fusione a freddo utilizzando i nuovi materiali, come l’idrogeno e il nichel, però fino adesso non si sono visti risultati concreti.

    LA DISTRIBUZIONE. In Italia, a causa delle inevitabili dispersioni lungo la linea, si calcola che 33 unità di energia al punto di consumo, richiedono 100 unità di energia primaria (e 35 unità di energia prodotta). L’avvento delle reti intelligenti (smart grid) sono la risposta a questo problema, ma occorre anche migliorare l’efficienza della rete e soprattutto cercare di produrre l’energia nella stessa regione dove viene consumata.

Il Giappone dopo l’incidente nucleare di Fukushima ha ridotto la sua produzione del 25% senza essere costretto a spegnere una sola lampadina, ciò dovrebbe insegnarci che l’efficienza distributiva (oltre che quella produttiva) è una grande risorsa.

 

I CARBURANTI BIOLOGICI

Produrre carburante dalle piante, allevierebbe la bilancia dei pagamenti con l’estero limitando altresì le importazioni di petrolio. Ma finora le cose non sempre sono andate bene. In alcuni casi si è liberata più anidride carbonica nell’atmosfera di quella risparmiata, questo perché si è messo a cultura terreni utilizzati normalmente per l’agricoltura.

Un altro effetto è stato che nel 2006 il prezzo del grano è raddoppiato proprio perché negli Stati Uniti molte culture sono state destinate alla produzione di biocarburanti.

A nostro avviso è un campo in cui si può fare molto, soprattutto utilizzando i campi incolti, i terreni marginali, le paludi ecc., cioè si può produrre carburanti biologici senza intaccare la produzione agricola.

Un altro campo vastissimo è costituito dalla produzione di carburanti dalle alghe. La ”Seche Environnement” in Francia nel 2.009 ha inaugurato il primo impianto mondiale per produrre biocarburante delle alghe, che in cinque giorni assorbono anidride carbonica emessa dai rifiuti domestici.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *